Dopo le proteste dei sindacati, la rabbia degli operai e le sospensioni dal lavoro in numerose realtà, come Amazon, sono state ridotte le tipologie di attività imprenditoriali “essenziali”, che possono rimanere in funzione durante l’emergenza Covid-19, previste dal Dpcm 22 marzo 2020, il cosiddetto “Chiudi Italia”, e dal relativo allegato 1 (ora modificato), che indica i codici Ateco delle imprese “permesse”.
“Abbiamo identificato e convenuto con il Governo – dichiarano in una nota congiunta Cgil, Cisl e Uil – importanti modifiche all’elenco delle attività produttive indispensabili, in questa fase, per il Paese, cambiando l’allegato del Decreto”.
Nell’incontro tra Governo e sindacati del 25 marzo 2020, in cui è stato ridotto l’elenco delle attività consentite (inserito nel Decreto del Mise del 25 marzo 2020), è stato inoltre specificato che chi lavora nelle attività rimaste aperte dovrà essere dotato degli indispensabili dispositivi di protezione individuali (dpi) e che, in tutti i luoghi di lavoro, dovrà essere rigorosamente adottato il Protocollo sulla sicurezza sul lavoro firmato il 14 marzo 2020 a Palazzo Chigi.
Le imprese le cui attività sono sospese per effetto del nuovo Decreto possono però completare le attività necessarie alla sospensione entro il 28 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza.
Lo stesso Governo si è impegnato, attraverso il Ministero dell’Interno, a dare indicazioni ai Prefetti di coinvolgere le organizzazioni sindacali territoriali rispetto alle autocertificazioni delle attività delle imprese funzionali ad assicurare la continuità delle filiere essenziali.
Il Ministro delle Difesa Lorenzo Guerini ha affermato che diminuirà la produzione nel settore militare, salvaguardando solo le attività indispensabili, mentre il Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli ha dato la propria disponibilità a incontrare specifici settori in cui sono emerse particolari difficoltà nell’attuazione del Protocollo.
Il Governo si è inoltre impegnato a monitorare congiuntamente con i sindacati l’applicazione di quanto è stato concordato e del Protocollo sulla sicurezza. Dal canto loro, sindacati di categoria e territoriali e Rsu vigileranno per la puntuale applicazione di tutte le normative e di tutti gli impegni presi.
Vengono intanto inasprite le sanzioni per chi viola le regole di contenimento del virus, sia e per le persone che per pubblici esercizi, attività produttive e commerciali: salvo il fatto costituisca reato, ci sono sanzioni amministrative da 400 a 3.000 euro e si applica la sanzioni amministrative accessorie della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni. In caso di reiterata violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata e quella accessoria è applicata nella misura massima.
La violazione intenzionale del divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte a quarantena perché risultate positive al virus è invece punita con la pena previsto dall’articolo 452, primo comma, n. 2 del codice penale (reclusione da uno a cinque anni).
Eliana Puccio
Segui Sicurezza e Lavoro su Facebook, Twitter e Instagram.