Di fronte all’emergenza covid-19, non tutte le aziende hanno saputo reagire con prontezza e mettere in campo le opportune precauzioni.
Si sono così moltiplicati in breve tempo in tutta Italia – dalla AST ThyssenKrupp di Terni alla Fincantieri di Marghera – gli scioperi spontanei di lavoratori e lavoratrici che pretendono adeguati protocolli e dispositivi di protezione anti-contagio.
Non si può non sostenere la loro causa!
Il Dpcm 11 marzo 2020 emanato dal presidente Conte è chiarissimo: chiede (purtroppo solo “raccomanda”) alle attività produttive e alle attività professionali di assumere protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale (articolo 1, punto 7, lettera D).
Lo sanno bene le molte aziende italiane che da giorni, laddove non sia possibile il lavoro da casa (il lavoro agile o smart working), hanno investito nella sicurezza di lavoratori e lavoratrici, salvaguardando la loro salute e, allo stesso tempo, evitando di interrompere la produzione. A loro deve andare il nostro plauso e la nostra gratitudine.
Nessun alibi, invece, per quei datori di lavoro che pretendono di continuare a far lavorare operai e operaie senza aver provveduto a quanto necessario!
È necessario che politica, Istituzioni e sindacati, oltre naturalmente agli organi di controllo preposti, monitorino costantemente la situazione sul territorio e che vengano messi in campo gli aiuti economici necessari a salvaguardare la salute di chi lavora e gli investimenti di chi fa impresa.
E occorre che il Governo implementi i controlli nelle fabbriche e in tutte le aziende e, d’intesa con i sindacati, rafforzi e rende effettive le tutele di chi ogni giorno, nonostante il diffondersi del nuovo coronavirus, continua a lavorare per garantire servizi e prodotti essenziali per tutte e tutti noi, a rischio della propria incolumità.
Enzo Lavolta
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