Caso ThyssenKrupp, entro giugno la Corte Costituzionale tedesca deciderà se incarcerare l’ex a.d. Espenhahn

Nel pomeriggio del 5 aprile 2022, il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha ricevuto presso la sede del dicastero i familiari delle sette vittime del rogo alle Acciaierie ThyssenKrupp di Torino del 6 dicembre 2007 e Sicurezza e Lavoro, rappresentata dal direttore Massimiliano Quirico e dall’avvocato Giacomo Mattalia.

Durante l’incontro, dopo un’introduzione dell’ex operaio Thyssen Antonio Boccuzzi, la ministra Cartabia ha spiegato che l’ex amministratore delegato della multinazionale dell’acciaio, Harald Espenhahn, condannato in via definitiva con la sentenza del 13 maggio 2016 della Corte di Cassazione italiana, è ancora a piede libero in Germania perché nel 2020 ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale tedesca, lamentando una violazione del diritto di difesa (mentre l’altro manager tedesco, Gerald Priegnitz è andato in carcere a luglio 2020 in Germania, in regime di semi-libertà).

Entro giugno la Corte dovrebbe decidere – ha affermato la ministra Cartabia – ma potrebbe rinviare la decisione di altri sei mesi (e di sei mesi in sei mesi finché non avrà tutti gli elementi per decidere). L’esecuzione della condanna rimane intanto sospesa in attesa della decisione, come ha spiegato il Direttore generale degli affari internazionali e della cooperazione giudiziaria del Ministero della Giustizia, Stefano Opilio.

L’Italia e i familiari sono delusi da tempi tanto lunghi, soprattutto dopo un così grande lavoro svolto dalla magistratura italiana – ha detto la ministra di aver riferito al suo omologo tedesco al momento del suo insediamento.

Richiamerò l’attenzione del ministro tedesco: la vicenda è nei miei pensieri e la mia vicinanza è totale, ma non ho poteri formali per intervenire – ha affermato Marta Cartabia.

Un breve video dell’incontro con il Ministro della Giustizia.

L’avvocato Giacomo Mattalia ha chiesto le  motivazioni del rinvio da parte della Corte tedesca. La ministra ha risposto che il ritardo è legato alla complessità del processo italiano, ma che non è stata richiesta all’Italia alcuna documentazione integrativa

Amareggiati i familiari dei sette operai. “Perché il grande manager tedesco non è ancora stato incarcerato, mentre i dirigenti italiani sono andati in galera, anche se ora sono già fuori?” – ha detto Laura Rodinò, sorella dell’operaio Rosario morto nel rogo di Torino.

“Chi tutela chi muore sul lavoro? – ha dichiarato Rosina Platì, madre dell’operaio Thyssen, Giuseppe Demasi – Vogliamo garanzie che tutti gli assassini vadano in galera. L’Italia finora non ci ha tutelato e ci auguriamo ora che una donna ministro, anche lei madre, possa capire e aiutarci”.

“Auspichiamo che giustizia venga finalmente fatta entro l’anno – ha affermato Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – per il dolore che provano ogni giorno i familiari di chi è morto lavorando e per rinnovare la fiducia nelle Istituzioni. In Europa deve esserci la stessa giustizia in ogni Paese e speriamo che arrivi presto anche la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a cui si sono rivolti i familiari ThyssenKrupp, in collaborazione con Sicurezza e Lavoro, per denunciare i ritardi nell’esecuzione della pena dei manager tedeschi Espenhahn e Priegnitz”.

Anche sui tempi del ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, seguito per i ricorrenti dall’avvocato Anton Giulio Lana, la ministra Cartabia ha promesso ai familiari e a Sicurezza e Lavoro un interessamento per conoscere i tempi della sentenza.

I familiari hanno anche ricordato al ministro di aver presentato una querela contro la testata giornalistica Lercio che aveva ironizzato sulla tragedia ThyssenKrupp, ancora in attesa di riscontro.

Massimiliano Quirico
direttore@sicurezzaelavoro.org

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