ThyssenKrupp, ancora a piede libero i manager tedeschi… a causa del Covid

A quattro anni dalla sentenza definitiva della Corte di Cassazione italiana del 13 maggio 2016, non c’è pace per i familiari delle sette operi morti nel rogo alla Acciaierie ThyssenKrupp di Torino del 6 dicembre 2007: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò, Giuseppe Demasi.

Sono infatti ancora a piede libero in Germania – a causa del blocco della giustizia dovuto dell’epidemia di Covid-19 – i due manager tedeschi, Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, condannati dalla Magistratura italiana, rispettivamente a 9 anni e 8 mesi e a 6 anni e 10 mesi di reclusione, poi ridotti a 5 anni di carcere, in base alla normativa tedesca.

Dopo che il Tribunale di Hamm aveva respinto a febbraio l’ennesimo ricorso dei due dirigenti, sembrava si fossero aperte le porte del carcere per Espenhahn e Priegnitz, ma non è così…

Anzi, pare che i due manager della multinazionale dell’acciaio abbiano chiesto di ottenere la semi-libertà (offenen vollzug), continuando a lavorare per la ThyssenKrupp di giorno e andando in carcere solo per dormire, con la possibilità di restare in famiglia nel week-end.

Una prospettiva che ha indignato i familiari delle vittime e gli ex operai dell’acciaieria torinese.

“È l’ennesima pugnalata al cuore – ha detto a Sicurezza e Lavoro Rosina Demasi, mamma di Giuseppe, uno dei 7 operai morti nel rogo – Sono stata malissimo quando ho saputo della mancata incarcerazione e della possibile concessione della semi-libertà. Ho avuto una crisi e ho pianto disperatamente…. È una farsa, che ci sta uccidendo piano piano. Ho parlato anche con il nostro Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che ci ha promesso il massimo impegno del Governo. Vedremo… L’ottimismo l’ho perso da tempo. I due manager tedeschi hanno ammazzato sette ragazzi in un modo atroce e sono ancora fuori dal carcere! È un’ingiustizia: anche i potenti devono pagare per le proprie colpe! Lo devono ai nostri figli e a tutti coloro che sono morti sul lavoro. Non ci arrenderemo”.

“Non credo che la richiesta della semi-libertà possa essere accolta – ci ha dichiarato l’ex operaio Thyssen Antonio Boccuzzi, scampato all’incendio – Sarebbe una beffa a quasi tredici anni dalla tragedia e a quattro dalla sentenza di condanna definitiva. Difficile pensare a una semi-libertà per chi non ha mai fatto un giorno di galera ed è sempre stato libero!”.

“ll ritardo dei tribunali – afferma Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – è sconcertante, nonostante l’emergenza coronavirus. Una giustizia così tardiva e così ridotta non è una vera giustizia. Ci auguriamo che la vicenda si risolva a breve, anche con un intervento politico del Governo Conte, per concludere – almeno simbolicamente – una pagina buia della storia del lavoro italiana, e ora anche europea”.

Intanto, nelle prossime settimane dovrebbe essere definita a Strasburgo la causa davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo portata avanti dai familiari e da Boccuzzi per la mancata esecuzione della sentenza, sia da parte dell’Italia che della Germania: si attendono ancora le memorie dei due Governi a propria difesa.

Loredana Polito

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