Eternit bis, la difesa prova a generalizzare per salvare Schmidheiny, che non avrebbe colpa dell’apocalisse dell’amianto

L’amianto «è un disastro di proporzioni nazionali, non riguarda soltanto noi».

Con queste parole, nell’udienza dell’11 dicembre 2024 del processo «Eternit Bis» di fronte alla Corte d’Assise d’Appello di Torino, presieduta da Cristina Domaneschi, l’avvocato Guido Carlo Alleva, incaricato di difendere il 77enne magnate svizzero Stephan Schmidheiny, condannato il 7 giugno 2023 a 12 anni di reclusione in primo grado dalla Corte d’Assise di Novara, ha provato a generalizzare il dramma che ha vissuto e sta ancora vivendo la città di Casale Monferrato (Alessandria), per scagionare il suo assistito.

Ha ammesso che si tratta di una «situazione drammatica», che «è stata ed è una tragedia», ma ha sostenuto che non sarebbe un «unicum», ma «una piccola parte di una tragedia di dimensioni apocalittiche che riguarda tutto il Paese».

Come dire, tutti morivano (e potrebbero ancora morire!) di amianto: fatevene una ragione! Non è colpa nostra, Schmidheiny è innocente.

Secondo Guido Carlo Alleva, «il contesto non è solo quello di Casale Monferrato». Anzi, «la Lombardia è la regione con la maggiore incidenza di mesotelioma» provocato dall’amianto (in particolare nella zona di Pavia, dove – a Broni – aveva sede la Fibronit, che chiuse nel 1993) e anche «l’incidenza percentuale della Liguria risulta superiore», sulla base dei rapporti del Renam – Registro nazionale del mesoteliomi. Ci sono poi moltissime patologie legate all’amianto in edilizia, nei cantieri navali e nelle costruzioni ferroviarie, con carrozze coibentate a spruzzo di amianto in servizio sulle ferrovie italiane sino alla fine degli anni Ottanta.

«L’entità dell’evento – ha argomentato – va inserito nell’evento generale relativo all’inalazione di amianto», «una tragedia apocalittica, di dimensioni colossali».

Si può imputare la responsabilità dell’Apocalisse al manager svizzero? Noi crediamo proprio di sì per quanto riguarda Casale Monferrato. E credo che la pensino allo stesso modo le famiglie delle centinaia di vittime… oltre al giudice di primo grado, al pm e agli avvocati di Sicurezza e Lavoro e delle altre parti civili ammesse nel processo.

L’avvocato Guido Carlo Alleva ha poi cercato anche di smontare l’ipotesi dell’omicidio doloso, sostenendo che «non è credibile che Schmidheiny abbia accettato l’evento della morte di centinaia di persone»…

Ha provato ad argomentare ulteriormente la tesi dell’innocenza di Schmidheiny sostenendo che l’Ispettorato del lavoro non avrebbe mai posto la questione della chiusura dello stabilimento prospettando un disastro di tale proporzioni e che ci sono «immense responsabilità politiche» sulla questione dell’amianto.

Insomma, la colpa è sempre di altri…

C’erano poi «limiti di accettabilità dell’amianto in Italia» nel periodo contestato a Schmidheiny (dal 1976 al 1986). Quindi…

Vedremo cosa penserà delle audaci tesi dell’avvocato Guido Carlo Alleva la Corte d’Assise d’Appello di Torino.

La sentenza è attesa all’inizio del 2025.

Massimiliano Quirico
Direttore Sicurezza e Lavoro

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