Terre agricole e acque inquinate vicino all’Ilva – ArcelorMittal, PeaceLink chiede giustizia

Il 28 gennaio 2019 l’associazione PeaceLink si costituirà parte civile nel procedimento penale relativo a oltre 5 milioni di tonnellate di rifiuti di origine industriale gettati in un’area di 530mila mq, nelle adiacenze della cava Mater Gratiae e della gravina Leucaspide, tra Taranto e Statte, al confine nord dell’acciaieria ArcelorMittal (ex Ilva).

PeaceLink è stata infatti riconosciuta dalla magistratura quale associazione da anni attenta e attiva sulla questione delle discariche e della contaminazione del territorio, avendo presentato vari esposti in Procura.

Con l’udienza preliminare del 28 gennaio è prevedibile l’apertura di un nuovo fronte giudiziario su questioni di grande rilevanza: la magistratura accusa gli imputati di aver contaminato acque e terreni destinati ad attività agricola mediante cumuli di rifiuti, con il relativo dilavamento di sostanze velenose che sarebbero finite anche nella falda acquifera.

È stato il pubblico ministero Mariano Evangelista Buccoliero a richiedere l’emissione del decreto che dispone il giudizio nei confronti dei nove imputati che hanno lavorato nell’Ilva con incarichi di particolare responsabilità.

Gli imputati sono accusati di un “medesimo disegno criminoso” in concorso tra loro relativo allo sversamento di circa 5 milioni di tonnellate di cumuli di rifiuti pericolosi e non pericolosi di origine industriale situati sull’argine sinistro della gravina Leucaspide e della mancata messa in sicurezza di diverse discariche abusive a cielo aperto relative agli stessi rifiuti.

Si tratta di un enorme quantitativo di rifiuti, corrispondente al peso di circa 5 milioni di automobili!

Secondo l’accusa, questo sarebbe avvenuto senza alcuna documentazione, senza coperture per evitare la dispersione di polveri pericolose per la salute e senza le dovute precauzioni per evitare la dispersione nella falda del percolato.

Ciò avrebbe causato un grave disastro ambientale, provocando l’inquinamento dell’ambiente circostante e delle acque pubbliche torrentizie, oltre a quelle meteoriche che hanno dilavato i cumuli dei rifiuti, trasportando le sostanze nocive, inquinando in tal modo sia i terreni che la falda e causando un “grave pericolo per la pubblica incolumità”.

L’area inquinata si estende per 530.000 metri quadrati, tra Taranto e Statte (foto: Guardia di Finanza).

Va da sé che gli imputati godono della presunzione d’innocenza, ossia del principio giuridico secondo il quale un imputato è considerato non colpevole sino a che non sia provato il contrario.

Quello che tuttavia oggettivamente tutti possono vedere con i propri occhi percorrendo la gravina Leucaspide è la distruzione di una zona di grande pregio paesaggistico e naturalistico che doveva essere sottoposta a vincoli e alla relativa tutela.

Il pubblico ministero traccia un quadro impressionante, descrivendo cumuli di rifiuti alti oltre trenta metri sul piano campagna, che sono franati, precipitando nella gravina e deviando il corso d’acqua che l’attraversava, deturpando l’ambiente e inquinando sia i terreni che la falda.

Questa vicenda non è solo una questione giudiziaria, ma descrive in modo spietato e crudo l’incuria per beni comuni millenari e preziosi. Senza alcuna considerazione per le generazioni future.

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È una storia terribile che ha visto tante persone voltarsi dall’altra parte. Noi no. PeaceLink ha tenuto gli occhi aperti e sarà la sentinella di quella parte della comunità che non accetta più simili atteggiamenti incivili.

La recente sentenza del 24 gennaio 2019 (formato .pdf, in francese) sul caso Ilva emessa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) di Strasburgo – che ha dato ragione a cittadine e cittadini – ci incoraggia ad andare avanti perché a Taranto nessuno goda più dell’impunità.

Fulvia Gravame
responsabile PeaceLink Taranto

Alessandro Marescotti
presidente PeaceLink