Lo scoppio del Silos 62 a Livorno

I silos 61 e 62 del deposito costiero di Livorno, teatro della tragedia del 28 marzo 2018.

Alle 13.52 del 28 marzo 2018 un boato scuote la zona nord della città di Livorno. Chi lo sente, pur essendo nel pieno della propria attività lavorativa o magari mentre si trova in pausa pranzo, non può fare a meno di voltare lo sguardo verso il porto. Verso quell’area di centinaia di migliaia di metri quadrati che ospita ben 212 silos da 500 mila litri ciascuno, contenenti solventi altamente infiammabili, a pochi chilometri dal centro abitato.

È uno degli incubi ricorrenti della nostra città: quello che una serie di esplosioni a catena in quel quadrante possa creare un vero e proprio disastro e provocare una strage.

Il 28 marzo la reazione a catena per fortuna non c’è stata. C’è stata una singola esplosione, che ha letteralmente sradicato da terra, piegandolo su un fianco, il Silos numero 62, che conteneva acetato di etile. Una deflagrazione impressionante – contenuta soltanto dallo spesso muro in cemento armato che delimita l’area – che non ha lasciato scampo a Nunzio Viola (52 anni) e a Lorenzo Mazzoni (25 anni).

Due operai della Labromare, ditta specializzata in bonifiche ambientali, che al momento dello scoppio stavano effettuando operazioni di pulizia di quel maledetto silos, ormai praticamente vuoto, della Neri Depositi Costieri spa, che dal 1951 opera nel porto nel settore dello stoccaggio e movimentazione di prodotti liquidi, in particolare di prodotti chimici puri, per conto di terzi.

Un’operazione che viene compiuta quasi meccanicamente, circa 7 volte all’anno, ma che resta di una delicatezza unica, proprio per la natura pericolosa dei solventi contenuti nell’impianto.

La manifestazione del 29 marzo 2018 lungo le vie di Livorno.

L’impatto di questa tragedia, su una città ancora fortemente legata a un’identità operaia, industriale e portuale, è stato impressionante. La sera successiva migliaia di persone, chiamate a raccolta dai sindacati, si sono radunate in piazza e hanno dato vita a una lunga fiaccolata silenziosa che ha attraversato il centro cittadino. Un modo per mandare un messaggio chiaro: è giunto il momento di accendere un riflettore potente sulle morti sul lavoro.

È il momento di chiedere a gran voce il rispetto delle norme su salute e sicurezza sul lavoro, che ci sono e sono stringenti in molti casi. Ma che in altrettanti casi non vengono fatte applicare, per negligenza, per convenienza, per stupidità.

La Magistratura ha aperto un’inchiesta sul disastro: 10 sono gli indagati. Ma quello che vuole la città di Livorno non è un capro espiatorio cui addossare le colpe di questa ennesima tragedia sul lavoro. Quello che chiede a gran voce è un cambio nella mentalità generale e una risposta determinata e concreta da parte delle Istituzioni.

Non è possibile che nell’era dei robot e dell’innovazione tecnologica, lavori così pericolosi vengano affidati a uomini e donne in carne e ossa, che, in quanto umani, potrebbero commettere imprudenze o errori, pagandone un prezzo altissimo. E non è possibile che a pochi chilometri da una città di 159mila abitanti sorga una vera e propria polveriera.

Non è possibile che, ogni volta che si verifica un grave incidente sul lavoro, la rabbia e l’indignazione durino una settimana e poi lascino spazio alla retorica.

C’è bisogno di uno scatto d’orgoglio della politica, che deve dare una risposta più concreta, promuovendo un cambiamento che non può che essere – prima di tutto – culturale. Perché senza cultura della sicurezza, continueremo a contare ancora tanti, troppi morti sul lavoro.

Filippo Nogarin
Sindaco di Livorno

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