"L'Italia che muore al lavoro"
Tragedie sul lavoro e malattie professionali in Italia

Fotografie, testi e filmati nella mostra promossa da Sicurezza e Lavoro con Regione Piemonte, Inail e altri enti

È impossibile raccontare tutte le tragedie sul lavoro che hanno funestato il nostro Paese nel corso degli anni. È una storia lunghissima, dolorosa, destinata purtroppo a non terminare.
Si può però cercare di fermare, o almeno di rallentare, il flusso continuo delle morti sul lavoro: centinaia ogni anno, senza contare le malattie professionali e le decine di migliaia di infortuni. Per farlo è necessario aumentare la consapevolezza dei rischi e dei pericoli connessi all’ambiente di lavoro e accrescere la cultura del lavoro in sicurezza, coinvolgendo aziende, lavoratori, sindacati, istituzioni, cittadini e, soprattutto, i giovani e gli studenti: i lavoratori, gli imprenditori e i governanti dei prossimi anni. Sono gli obiettivi che “Sicurezza e Lavoro”, periodico a diffusione nazionale fondato a Torino, si pone sin dal primo numero.
La mostra “L’Italia che muore al lavoro”, realizzata con il sostegno della Regione Piemonte e la collaborazione di Inail, Museo nazionale del Cinema e festival CinemAmbiente, è frutto di anni di lavoro, confronto e scambio di informazioni e opinioni con Istituzioni, Enti locali, associazioni, sia imprenditoriali che di familiari di vittime sul lavoro, lavoratori, medici, magistrati, giornalisti e fotoreporter.
È un’esposizione, periodicamente ampliata e aggiornata, che vuole fare memoria sui drammi che si consumano quotidianamente nei luoghi di lavoro. Tragedie che hanno una grande risonanza mediatica, come l’incendio alle acciaierie ThyssenKrupp di Torino, in cui morirono bruciati sette operai, o il crollo della palazzina di Barletta, in cui finirono schiacciate dalle macerie quattro lavoratrici “in nero” e una ragazzina di 14 anni. E tragedie di cui i media si sono dimenticati in fretta, come l’esplosione del Molino Cordero di Fossano, il rogo all’azienda chimica Eureco di Paderno Dugnano, lo stillicidio di morti nelle miniere della Sardegna.
Una sezione della mostra è dedicata alle “tragedie quotidiane”, ai casi di infortuni mortali di cui nessuno parla, che riempiono poche righe di cronaca: il muratore caduto dall’impalcatura, l’autista stritolato dalle lamiere, l’agricoltore travolto dal trattore, ecc. “Disgrazie” che sconvolgono ogni giorno le vite di intere famiglie, ma che non fanno rumore. Così come le malattie professionali, le “morti silenziose” che mietono le loro vittime anche dopo una latenza di quarant’anni. Come le malattie legate all’amianto, delle quali si occupa un’altra sezione dell’esposizione.
La mostra è completata dal filmato “Sicurezza si può”: cinque storie di buone pratiche sul lavoro raccontate da giovani registi italiani. Esempi che danno fiducia e speranza, perché aiutano a capire che la sicurezza è un investimento, sia per i lavoratori che per le aziende. E che la salute e l’incolumità nei luoghi di lavoro non sono obiettivi lontani e irrealizzabili, ma traguardi concreti da raggiungere il prima possibile.

Massimiliano Quirico
direttore responsabile "Sicurezza e Lavoro"

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Istituzioni, enti, scuole e associazioni possono richiedere la mostra “L’Italia che muore al lavoro”
contattando Sicurezza e Lavoro all’indirizzo e-mail

contatti@sicurezzaelavoro.org


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