Esplosione a Castel D’Azzano, doloroso specchio del lavoro complesso delle Forze di Polizia

L’esplosione del 14 ottobre 2025 avvenuta durante lo sgombero di un casolare a Castel d’Azzano (Verona) in esecuzione di un provvedimento dell’Autorità giudiziaria, in cui sono morti 3 carabinieri (il carabiniere scelto Davide Bernardello, 36 anni; il brigadiere capo Valerio Daprà, 56 anni; il luogotenente Marco Piffari, 56 anni) e altri sono rimasti feriti in servizio, impone di andare oltre la mera cronaca e di analizzare l’evento attraverso una lente multidisciplinare.

Non si tratta solo di un tragico infortunio, ma di un doloroso specchio delle complessità che investono l’operato delle Forze di Polizia, di cui abbiamo scritto anche in occasione del sacrificio del carabiniere Carlo Legrottaglie.

Le deroghe normative costituiscono una criticità rilevante ed estremamente penalizzante per le lavoratrici e i lavoratori del comparto.

Dal punto di vista giuridico, l’evento di Castel d’Azzano solleva questioni fondamentali relative al quadro normativo sulla sicurezza. Sebbene le Forze Armate e di Polizia operino con discipline specifiche che tengono conto della natura eccezionale del loro impiego (sono esentate in parte dall’applicazione integrale del D.Lgs. 81/2008 in contesti operativi di emergenza), i principi di tutela della salute e sicurezza dovrebbero rimanere un caposaldo irrinunciabile.

È cruciale comprendere se, nell’ambito della catena di comando e controllo, la fase di pianificazione e la valutazione dei rischi specifici – specialmente quelli legati alla potenziale presenza di ordigni improvvisati o gas, visto il precedente noto – abbiano rispettato i massimi standard di diligenza e previsione.

L’indagine dovrà accertare ogni eventuale responsabilità, ma il sistema deve porsi la domanda se gli strumenti giuridici attuali siano sufficientemente adeguati e specifici per tutelare gli operatori e e le operatrici in azioni di polizia a rischio elevato, garantendo che l’equilibrio tra l’efficacia dell’azione e la tutela della vita non sia mai compromesso.

Castel d’Azzano non è solo un’esplosione (vignetta di Tiziano Riverso per Sicurezza e Lavoro)

L’aspetto organizzativo è strettamente legato alla sicurezza operativa. Una corretta valutazione del rischio si traduce in una pianificazione che assegna risorse, tecnologie e competenze adeguate. E se l’operazione di sgombero/perquisizione era qualificata come ‘ad alto rischio’ (come avrebbero dovuto suggerire i precedenti tentativi di resistenza con il gas), l’impiego delle unità e le dotazioni avrebbero dovuto riflettere questa classificazione. Si pensi alla necessità di impiegare team specializzati in tecniche anti-sabotaggio/esplosivi non convenzionali, oppure all’uso sistematico di droni e robot per l’ispezione preliminare di ambienti potenzialmente saturi di gas.

L’efficacia del coordinamento delle operazioni deve essere cementata da procedure standardizzate e condivise che definiscano chiaramente ruoli, responsabilità e, soprattutto, protocolli di ‘stop and re-evaluate’ in presenza di segnali di pericolo imminente.

A livello psicologico, l’impatto di un evento così devastante è duplice.

Da un lato, c’è il trauma acuto vissuto dai colleghi sopravvissuti, dai feriti e dai soccorritori. Sono persone che hanno assistito alla perdita improvvisa di compagni d’arma in un contesto che era, purtroppo, lavorativo. È imperativo che le Istituzioni garantiscano un supporto psicologico immediato, continuo e strutturato per la gestione del disturbo post-traumatico da stress.

Dall’altro lato, c’è un impatto sul morale e sulla percezione del rischio nell’intera Arma e in tutte le Forze di Polizia. Sono eventi che tendono a erodere la fiducia nei Protocolli e ad aumentare l’ansia operativa. È cruciale che la direzione delle operazioni rassicuri il personale non solo con il cordoglio, ma con l’impegno tangibile a rivedere e rafforzare le misure di sicurezza, trasformando il dolore in un miglioramento concreto della tutela.

Infine, la dimensione sociale tocca il rapporto tra le Forze di Polizia e la comunità. La reazione della collettività di fronte al sacrificio dei carabinieri è stata di profondo dolore e vicinanza, un riconoscimento del rischio intrinseco del loro servizio. Tuttavia, l’evento ci ricorda anche la disperazione che può armare individui o famiglie e spingerli a compiere gesti estremi, come l’atto di saturare la propria casa di gas per impedire l’azione legale. Sebbene nulla possa giustificare un atto criminale che mette a repentaglio la vita altrui, la società deve riflettere sui meccanismi di prevenzione del disagio socio-economico che degenera in violenza. Il sacrificio di Castel d’Azzano ci obbliga a onorare il coraggio degli uomini e delle donne in divisa, ma anche a promuovere un dibattito più ampio e costruttivo sulla gestione delle crisi sociali ed economiche che possono trasformare un’azione legale in un teatro di guerra.

Siamo di fronte all’ennesima tragedia del comparto. Non si può pensare di non introdurre novità a riguardo. Alle Forze di Polizia, in generale, serve un’integrazione tra tutela legale, efficienza organizzativa, supporto psicologico e consapevolezza sociale, per fare sì che il ricordo dei caduti possa tradursi in quella sicurezza operativa che è un diritto anche di questa categoria di lavoratori e lavoratrici per i quali il rischio, come sostengono i datori di lavoro del settore, è parte del mestiere.

Nicola Rossiello

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