La Cassazione conferma che in caso di infortunio spetta al datore la prova di aver adempiuto l’obbligo di sicurezza

La Corte di Cassazione ha riconosciuto con la sentenza 24 agosto 2023 n°. 25.217 le ragioni di una domestica caduta dalle scale. Il datore di lavoro avrebbe dovuto dimostrare che il danno è dipeso da causa a lui non imputabile e cioè di avere adempiuto al suo obbligo di sicurezza, apprestando tutte le misure per evitare il danno.

Il principio, già espresso dalla giurisprudenza di legittimità nel 2008, è stato ora ripreso dalla Cassazione nella recente sentenza n°. 25.217, con cui è stata annullata la precedente pronuncia di merito che non rispettava la descritta ripartizione dell’onere della prova.

L’infortunio della domestica era avvenuto mentre rimuoveva delle tende utilizzando uno scala. Di solito l’operazione veniva effettuata con l’ausilio del datore di lavoro, ma, nel caso di specie, la lavoratrice aveva deciso di occuparsene da sola, mentre il datore si era assentato temporaneamente per alcune commissioni. Secondo la Corte di Appello mancava la prova che fosse stato il datore a impartire alla domestica l’ordine di rimuovere le tende pur in sua assenza e che la scala usata non possedesse una base stabile o anti-scivolamento, né, per i giudici di merito, la presenza di un tappeto sul quale lo scaleo sarebbe scivolato poteva essere addebitabile al datore di lavoro assente, potendo essere facilmente rimosso dalla lavoratrice.

Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per Cassazione la domestica, lamentando che doveva essere il datore di lavoro a dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie a evitare il danno, dal momento che lei aveva subito l’infortunio lavorando e senza aver messo in atto alcun comportamento abnorme.

La pronuncia della Suprema Corte richiama l’articolo 1.218 del codice civile, che prevede che sia il debitore – e, quindi, nel rapporto di lavoro, il datore – a dover provare che l’inadempimento derivi da causa a lui non imputabile. Come evidenziato dagli Ermellini, comunemente si dice che la colpa del debitore si presume fino a prova contraria o più propriamente che esista un’inversione dell’onere probatorio, nel senso che il debitore è ammesso a provare l’assenza di colpa, pur sempre elemento essenziale della sua responsabilità contrattuale.

el rapporto di lavoro, a fronte di un infortunio o di una malattia professionale, questo assunto si traduce nella facoltà per l’attore di invocare la responsabilità contrattuale del datore, provando il rapporto di lavoro, l’attività svolta, l’evento dannoso e le conseguenze che ne sono derivate.

Non spetta invece al lavoratore provare la colpa del datore danneggiante, né individuare le regole violate, né le misure cautelari che avrebbero dovuto essere adottate per evitare l’evento dannoso.

La responsabilità del datore discende, dunque, pur sempre dalla violazione di regole a contenuto cautelare (nessuna responsabilità senza colpa); e non si potrà automaticamente desumere l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate per il solo fatto che si sia verificato il danno.

Certamente, il verificarsi dell’infortunio o della malattia non implica necessariamente la colpa, ma semplicemente lo fa presumere.

Per la Corte di Cassazione, non basta un danno alla salute (un infortunio o una malattia professionale) per affermare la responsabilità del datore di lavoro sostenendo che non abbia fatto il possibile per evitare il danno; né è sufficiente la costatazione del nesso di causalità tra il lavoro e la lesione. Occorre piuttosto valutare sempre la condotta tenuta dal datore di lavoro per evitare l’evento.

Felicia Bello

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