Documentario video

Copertina documentario

Con Massimo Cirri, conduttore trasmissione Caterpillar - Rai Radio 2

"MOBBING, TRAGEDIE QUOTIDIANE"

Storie di sofferenza e riscatto nel documentario video di Sicurezza e Lavoro

 

Raccontare il mobbing, le vittime, i risvolti psicologici e lavorativi, le conseguenze nell’ambiente familiare e nella vita di relazione, è il compito – non facile – che Sicurezza e Lavoro si è prefissata nel produrre il documentario video “Mobbing, tragedie quotidiane”. Abbiamo lavorato in stretta collaborazione con gli Sportelli Mobbing della Cgil, concentrandoci sulle attività in Piemonte e in Lombardia, con lo Spresal dell’Asl To1, con il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Torino, dove è attivo un corso di mobbing, harassment e stalking, e con il prezioso supporto del Procuratore della Repubblica Raffaele Guariniello. Abbiamo così individuato due storie, che certo non esauriscono la complessità del fenomeno, ma sicuramente paradigmatiche: quella di Rosanna e quella di Sabrina.
Con un narratore d’eccezione: Massimo Cirri, conduttore della trasmissione Caterpillar di Rai Radio 2 e psicologo alla Camera del Lavoro di Milano. Raccontiamo due esperienze, quella di Rosanna e di Sabrina, due storie diverse per contesto e vissuto, accomunate però da un’enorme sofferenza, maturata nell’indifferenza, se non nella complicità, di colleghi e datori di lavoro. Due vittime donna, due soggetti “deboli”, o resi tali, come la maggior parte delle persone che subiscono il mobbing: precari, migranti, disabili e – appunto – donne, magari al rientro da una gravidanza o con legittime esigenze di cura dei figli e della famiglia. Anche se il mobbing non fa distinzioni di sesso, né sociali, né di qualifica professionale.
Descriviamo percorsi lunghi e dolorosi, che non hanno trovato un epilogo peggiore soltanto grazie agli interventi del sindacato e di specialisti e al supporto di familiari e amici. Interventi non facili, perché spesso le vittime sono inconsapevoli, o – peggio ancora – si sentono in colpa per loro presunte mancanze, oppure non hanno il coraggio di denunciare, per vergogna o timore di perdere il posto di lavoro, soprattutto in questo infinito periodo di crisi economica e occupazionale. Ecco allora che è giunto il momento di tornare a occuparsi seriamente del mobbing. Fenomeno forse passato di moda, surclassato dall’“emergenza” stalking e dalla “novità” dello stress lavoro correlato. Speriamo che il documentario “Mobbing, tragedie quotidiane” possa essere un utile strumento di lavoro e riflessione: è quindi a disposizione di chiunque voglia approfondire la materia, promuovere iniziative, momenti di confronto, buone pratiche. E non possiamo che essere lieti – e orgogliosi – che sia già stato scelto come supporto didattico in corsi di formazione per studenti universitari, Rls, Spresal ed Enti locali. Abbiamo anche iniziato a utilizzarlo nelle lezioni agli studenti degli istituti superiori nell’ambito del progetto di Sicurezza e Lavoro “A scuola di sicurezza”: sarà interessante valutare il coinvolgimento dei giovani e dei docenti e le analogie con il bullismo e il cyberbullismo.
Auspichiamo anche che associazioni datoriali, imprenditori e datori responsabili vogliano approfondire la questione e che, oltre a inserire il mobbing nel Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), compiano opera di prevenzione e monitoraggio, per migliorare il benessere e il clima aziendale e di conseguenza – crediamo – anche la produttività. Infine, speriamo che il filmato possa servire a promuovere anche in Italia una legge sul mobbing, per definire concretamente i confini del fenomeno (non sempre così facile da provare in Tribunale), tutelare vittime e testimoni (i colleghi di lavoro) e stabilire l’onere della prova a carico del mobber.
Massimiliano Quirico
direttore di Sicurezza e Lavoro, regista e autore del documentario “Mobbing, tragedie quotidiane”

Eroi silenziosi e dimenticati
Due storie diverse, ambientate in luoghi e in territori distanti fra loro. Due racconti che, tuttavia, annullano le differenze. Sono simili, infatti, le condizioni di smarrimento e le sofferenze delle vittime, sono simili le perfidie e le crudeltà degli oppressori e i loro tentativi di annullare la dignità, di cancellare l’esistenza di coloro che perseguitano,e identico è l’esito rovinoso procurato al corpo e allo spirito di chi è oppresso.
Il documentario “Mobbing, tragedie quotidiane”, realizzato da Sicurezza e Lavoro con Unione Europa - F.S.E., Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Regione Piemonte, Agenzia Piemonte Lavoro, in collaborazione con gli Sportelli Mobbing Cgil e l’Università degli Studi di Torino, per la regia di Massimiliano Quirico, ha il merito, fra gli altri, di aver portato all’attenzione del pubblico, che ci auguriamo sempre più numeroso, i drammi che alcune persone hanno vissuto nei rispettivi luoghi di lavoro a causa di una pratica usata più spesso di quanto non appaia.
Grazie anche a questo documentario, ci auguriamo, peraltro, di rimediare alla poca attenzione che è riservata da buona parte dell’informazione e dei media italiani a questo fenomeno, che, pure, ha dimensioni importanti.
Quante volte le redazioni dei quotidiani, dei giornali radio e dei telegiornali si sono occupate delle vittime della persecuzione nei luoghi di lavoro, che, spesso, sono anche accolte da occhiate scettiche, domande e richieste di precisazione?
In prima pagina passano i casi sensazionali, quelli che hanno una sola prerogativa: far salire l’audience e far vendere più copie di giornali e riviste.
Eppure le testimonianze, e non solo quelle raccolte nel documentario, di coloro che possiamo qualificare come eroi silenziosi e, spesso, dimenticati hanno una forza comunicativa straordinaria e potrebbero essere di grande aiuto a quanti subiscono la stessa sorte, se fossero raccontati in modo puntuale.
Raccontare in un filmato le storie di queste nuove vittime della crudeltà umana, rendere visibili le loro sofferenze, può aiutare chi ascolta a schiudere una finestra su questo male, che ha origini antichissime, a conoscerlo e a offrirgli un sostegno culturale per imparare a individuarlo e affrontarlo.
Del resto, anche tanta parte della letteratura italiana e straniera ha offerto storie con protagonisti che hanno conosciuto gli effetti aggressivi e spietati del mobbing.
Chi non si è mai sentito vicino ai due personaggi mobbizzati per eccellenza, ai “promessi sposi” manzoniani Renzo e Lucia, anche se le loro disavventure sono, forse, più configurabili come mobbing sociale? E chi non ha avuto un impeto di rabbia nei confronti di quel personaggio aggressivo e prevaricatore impersonato da Don Rodrigo che si diverte a perseguitarli, a soffocare la loro libertà e i loro desideri? Oppure pensiamo al protagonista della commedia “La Patente” di Pirandello, costretto a perdere il lavoro e a chiudersi in casa, isolato dal resto della popolazione, per essersi “combinata una faccia da iettatore che è una meraviglia a vedere”, come scrive il drammaturgo siciliano.
E chi non ha solidarizzato con Charlie Brown quando confessa a Linus di essere perseguitato da un senso di inadeguatezza? “Vedi Linus – confida un giorno Charlie Brown – ciò risale al momento in cui sono nato e ho messo piede sul palcoscenico della vita. Mi diedero un’occhiata e dissero: non sei all’altezza di recitare la tua parte”. E poi, ancora, in un’altra circostanza quando si lamenta, sempre con il suo stesso interlocutore, del curatore editoriale: “L’editore – confessa ancora Charlie Brown - mi ha mandato un biglietto di rifiuto”. “E con ciò? – gli risponde Linus – Molti scrittori ricevono dei rifiuti!”. “Solo che io – ribatte Charlie Brown – non gli ho ancora sottoposto neanche un manoscritto”.
E, poi, chi ha avuto l’occasione di leggere “Il marchio dell’invisibile” del romanziere Robert Silverberg, avrà avuto la possibilità di scoprire la sua trama, fantastica e inquietante, e di una semplicità che disarma: “Fui dichiarato colpevole e condannato all’invisibilità per il periodo di un anno – scrive Silverberg –. Dopo la sentenza mi portarono in un bugigattolo nel sotterraneo del tribunale, per fissarmi sulla fronte il marchio, prima di mettermi in libertà. Nessuno più mi avrebbe rivolto la parola e mi avrebbe guardato più a lungo del tempo necessario per vedere il segno che portavo sulla fronte. Conservavo ancora la mia consistenza corporea. La gente poteva vedermi, ma si sarebbe comportata con me come non mi vedesse più e come io non esistessi più. All’inizio poteva essere persino comodo (poter entrare in un negozio e servirmi a piacimento) ma a lungo andare…”.
Il neurologo e psicologo Victor Frankl (prigioniero in quattro campi di concentramento e fondatore della logoterapia) diagnosticò che situazioni di questo genere, anche se meno radicali e senza marchio, possono causare una nevrosi noogena (che riguarda la mente) provocata da una più o meno marcata assenza del “senso della vita”.
Ecco, questa è la patologia che più di altre accomuna Rosanna e Sabrina, le due protagoniste del video documentario di Sicurezza e Lavoro, e tutte le vittime di mobbing: “l’assenza del senso della vita”.
La vittima è calpestata nella dignità, è umiliata, è esclusa dalla comunità che la circonda, in maniera improvvisa e definitiva. È perseguitata fino a farla sentire inutile e, talvolta, fino a farle perdere l’interesse per la vita.
Se queste, dunque, sono le condizioni nelle quali vivono molte persone, vittime della persecuzione dentro e fuori i luoghi di lavoro, è necessario ritrovare un nuovo impegno anche umano, oltre che istituzionale, per cercare di aiutarle ad alleviare le loro sofferenze e per rafforzare e promuovere nuovi strumenti di tutela.
Forse, oggi più che mai, c’è ancora bisogno di riscoprire i valori dell’umanesimo. C’è bisogno di un umanesimo autentico, dal sapore antico, quello degli studiosi quattrocenteschi del latino classico, che avevano chiamato con questo nome il loro movimento, ricavandolo dalla parola latina Humanitas, cioè “tutto ciò che è degno dell’uomo e che lo rende civile, innalzandolo sopra la barbarie”.
C’è ancora bisogno di quell’umanesimo, che fa dire a un altro grande della letteratura latinoamericana, il colombiano premio Nobel per la letteratura, Gabriel Garcia Marquez, che: “Un uomo ha il diritto di guardare un altro uomo dall’alto verso il basso solo quando deve aiutarlo ad alzarsi”.
Buona visione!
Sergio Negri
co-autore del documentario “Mobbing, tragedie quotidiane”

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