Thyssen, uno dei manager condannati chiede la grazia a Mattarella

Per i familiari è inconcepibile: "Gli imputati la ‘grazia’ l’hanno già avuta quando hanno ridotto le pene nell’ultima e definitiva condanna in Cassazione".

Il parco dedicato alle vittime, di fronte all'ex acciaieria torinese.

Caso ThyssenKrupp. Mentre i due manager tedeschi Espenhahn e Priegnitz condannati per il rogo del 6 dicembre 2007 alle Acciaierie ThyssenKrupp di Torino in cui morirono sette operai sono ancora in libertà in Germania, in Italia il manager Marco Pucci ha chiesto la grazia al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Pucci sta scontando dal maggio 2016 la pena di sei anni e tre mesi di carcere, comminata il 13 maggio 206 con sentenza definitiva della Cassazione. Nel giugno dello scorso anno aveva ottenuto la possibilità di svolgere un lavoro esterno con obbligo di rientro in cella alle 18.30.

La richiesta è stata confermata anche da uno degli avvocati che assistono Pucci a Terni.

Nel commentare la notizia, la Camera del Lavoro di Torino, tramite il segretario Pietro Passarino, chiede invece che il presidente Mattarella metta in atto tutte le iniziative possibili affinché i manager tedeschi scontino finalmente la pena per la morte dei lavoratori della Thyssen.

“Una triste sorpresa – ha dichiarato a Sicurezza e Lavoro Rosina Platì, mamma di una delle vittime (Giuseppe Demasi) – Per noi familiari è inconcepibile: gli imputati la ‘grazia’ l’hanno già avuto quando hanno ridotto le pene nell’ultima e definitiva condanna in Cassazione. Abbiamo lottato dieci anni per avere giustizia e ancora stiamo aspettando che i dirigenti tedeschi vadano in carcere. Non accetteremo mai che possano uscire anche un’ora prima dalla prigione. Se la vita dietro le sbarre a loro sembra dura, non sanno come è la nostra vita ogni giorno senza i nostri cari…”.

“Chiedo in ginocchio a Mattarella di non accettare – conclude la mamma di Giuseppe – di non uccidere di nuovo i nostri figli”.

Anche gli altri familiari hanno fermamente respinto l’ipotesi di scarcerazione.

“A dieci anni dal rogo – ha detto Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e Lavoro – non c’è mai pace per le vittime e per la città di Torino, irrimediabilmente sfregiata da quella tragedia. Credo che in questo periodo il presidente Mattarella abbia questioni ben più importanti da affrontare. E, soprattutto, sono convinto che la sensibilità sinora dimostrata sul tema degli infortuni sul lavoro gli farà ritenere irricevibile tale istanza. A maggior ragione ora che le morti sul lavoro stanno tornando di tragica attualità. Il caso Lamina di Milano è soltanto uno degli ultimi tristi, ripetitivi incidenti sul lavoro”.

Loredana Polito

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