Bufale e sicurezza, un manuale per tutelarsi

Sebbene gli infortuni in agricoltura siano in calo a livello nazionale (38.041 nel 2016; 36.219 nel 2017), registrano un aumento nel Sud Italia: dai 7.596 del 2016 ai 7.809 del 2017. Dati Inail che ovviamente riguardano solamente i casi denunciati e non tengono conto del lavoro sommerso.

Tra le aziende del settore, anche per la peculiarità della produzione, l’Inail si è recentemente occupato di quelle di allevamento di bufale, concentrate per lo più al Sud, principalmente in Campania.

In Italia, al 31 dicembre 2015, secondo la Banca Dati Nazionale (BDN), ci sono oltre 375mila capi di bufali, di cui il 74% allevato in Campania, dove operano quasi 1.500 aziende di allevamento (con un fatturato medio annuo di oltre 315 milioni di euro), situate soprattutto nelle province di Salerno e Caserta, con piccoli insediamenti anche nelle zone di Napoli, Avellino e Benevento. La dimensione media di queste aziende è decisamente più elevata di quelle bovine (più di 100 capi bufalini ad azienda, contro i 14 capi di aziende che allevano bovini). Si tratta quindi solitamente di imprese più grandi, spesso con addetti alle dipendenze e con una produzione integrata verticalmente, che esegue la caseificazione del latte prodotto, ad esempio per produrre le famose mozzarelle di bufala.

Una produzione che implica il contatto con animali dalla natura selvatica, diversa da quella dei bovini, e che amano vivere in spazi aperti e quindi necessitano di box di ampie dimensioni (anche oltre 60/70 capi in box di 800/900 mq).

Per analizzare i rischi della stalla e della gestione di tali animali, l’Inail Campania ha pubblicato un agile volume (89 pagine) dedicato a “Sicurezza e salute sul lavoro nel settore bufalino” (dicembre 2017).

Dopo aver illustrato il contesto produttivo e le prospettive economiche, il libro analizza un rischio specifico del settore, spesso sottovalutato: la zoonosi, un gruppo di malattie infettive trasmissibili dagli animali all’uomo e viceversa, tra cui Brucellosi e Tubercolosi.

Gli infortuni nelle stalle invece sono “ufficialmente” pochissimi: soltanto 7 nel quinquennio 2011/2015 (codice Ateco A.01.42 – Allevamento di altri bovini e di bufalini). Forse perché tali aziende producono anche foraggio e cereali per gli animali che allevano (e quindi potrebbero ricadere nel codice Ateco A.01), forse perché non vengono denunciati… Anche per la presenza di lavoratori migranti e di lavoro nero.

Il testo Inail dedica particolare attenzione alle vie di fuga e agli steccati, per evitare il contatto con gli animali. Elementi che possono essere agevolmente gestiti nella progettazione di nuove stalle, ma che possono diventare problematici nell’adeguare stalle che magari risalgono al 1700!

Vengono poi descritte le procedure per ridurre i rischi nella movimentazione degli animali, nelle sale mungiture, nei box per allevamento, parto e riproduzione e nelle operazioni di pulizia dei locali e di trasporto degli animali.

Non mancano poi indicazioni sul corretto utilizzo di fitofarmaci e agenti chimici e allergizzanti e dei classici DPI (dispositivi di protezione individuale), oltre che sui rischi più “classici” (circolazione di mezzi, caduta all’alto, depositi di materiali) e sulla formazione.

Completano il volume le risultanze di due focus group tenutisi a Caserta (8 giugno 2016) e a Capaccio – Salerno (20 giugno 2016).

La pubblicazione, scaricabile qui gratuitamente, è stata curata da Esterina De Carlo, Pino Mauriello e Aniello Troiano, con la collaborazione di IZSM (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno), IRFoM (Istituto di Ricerca e Formazione per il Mezzogiorno), ANASB (Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufalina), Direzione regionale per la Campania Contarp Inail, Camera di Commercio di Caserta, EBIAGRI (Ente Bilaterale per l’Agricoltura).

Segnaliamo inoltre le pubblicazioni Inail sulla sicurezza di chi lavora nelle serre e di chi opera sui pescherecci.

Eliana Puccio

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