Operatori sanitari in trincea, ma la legge per ridurre aggressioni e violenze è ancora ferma

Anche nella stagione estiva non si fermano le aggressioni a medici, operatori sanitari e soccorritori.

Sono tanti i casi di cronaca – più o meno eclatanti – che continuano a ripetersi, spesso per problemi di carattere organizzativo e carenza di personale, ma anche per un mutamento del rapporto medico/paziente.

Sono state 1.200 – secondo l’Inail – le aggressioni a operatori e operatrici sanitari che si sono verificate soltanto nel 2017: un terzo nelle corsie degli ospedali, un quarto negli ambulatori. Ci sono casi di violenze fisiche, ma anche psicologiche, che spesso però non vengono denunciati.

Il più alto numero di vittime riguarda chi lavora al pronto soccorso: 456 gli episodi riscontrati. La fascia oraria più a rischio per chi lavora in ospedale e nei servizi di guardia medica è dalla 24 alle 6 del mattina (65% delle aggressioni).

Si tratta di rischi psico-sociali che devono essere attentamente valutati, come previsto dal Dlgs. 81/2008, per evitare gravi conseguenze sulla salute di lavoratori e lavoratrici e ulteriori costi sociali e sanitari.

C’è chi vorrebbe un presidio fisso di Polizia in ogni pronto soccorso, ma, con le croniche difficoltà di organico delle forze dell’ordine italiane, è difficile che la proposta possa avere un seguito.

Intanto, in Parlamento è fermo un disegno di legge per la tutela degli operatori sanitari presentato dalla ministra della Salute Giulia Grillo: il DDL 867 su “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”.

L’obiettivo è l’adozione di misure idonee a ridurre i fattori di rischio negli ambienti più esposti, nonché vigilare sull’attuazione delle misure di prevenzione e protezione previste dalle vigenti disposizioni a garanzia dei livelli di sicurezza nei luoghi di lavoro.

Loredana Polito

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